Scafati

A soli 2 km da Pompei, si trova il centro storico di Scafati con la piazza Vittorio Veneto che accoglie intorno a se la Chiesa di S. Maria delle Vergini, il ponte sul fiume Sarno, Palazzo Meyer con la Villa Comunale, la cappella Croce Santa.

S. Maria delle Vergini

La Chiesa, intitolata alla patrona della città di Scafati, non ha un’origine temporale certa. Del 1615 è la notizia certa di una cappella dedicata al culto di S. Maria della Vergini e di una confraternita laica ad essa dedicata.

Composta da due edifici posti ortogonalmente, ha una pianta a croce latina con un’ala, l’arciconfraternita, che si apre sulla navata di destra e che ospita la statua lignea di santa Maria delle Vergini.

L’Arciconfraternita fu eretta nel 1860, in seguito all’ abbattimento di un edificio circolare che ospitava il battistero e due edicole che davano sul Sarno. Devastata l’Arciconfraternita da un terribile incendio, nel febbraio 1882, cappella e statua della Madonna furono restaurate. A sinistra della facciata sorge un campanile del primo Novecento.

In stile rinascimentale, nel corso del 1700 e del 1800 ha subito notevoli e numerosi lavori di restauro ed abbellimento .

Gli interni della Chiesa sono riccamente affrescati e con opere lignee e marmoree di grande valore storico e artistico:

La Statua della Madonna delle Vergini, in legno policromo datata 1713, è  attribuita a Nicola Fumo. Narra la  leggenda che la statua, in transito su un carro trainato da buoi, sul ponte a Scafati si appesantì fin quasi a sprofondare: di qui la decisione di collocare la statua nella vicina chiesa. La statua raffigura la Madonna che accoglie sotto il suo manto due vergini. Tra i doni che il popolo ha donato alla sua patrona, l’antica corona del 1840, e lo stellario del 1906, collocati sul capo della statua

Di enorme valore il Polittico, nell’abside, attribuito a Decio Tramontano, databile tra ‘400 e ‘500, con scene della vita di Cristo. Poiché anticamente nel tempio si venerava la Madonna del parto, l’immagine al centro del polittico raffigura la Vergine incinta.

Il Battistero in marmo policromo, opera di Cimmafonte è datato 1761.

Al suo interno sono presenti tanti quadri e gli affreschi di diverse epoche storiche a partire dal ‘500

IL PONTE SUL SARNO

Uscendo dalla Chiesa, si attraversa il ponte sul fiume Sarno che fin dalla preistoria, è stato l’elemento di collegamento tra l’entroterra e la costa. Inizialmente in legno, poi in muratura fino a quello attuale. Molte battaglie sono state combattute nelle vicinanze del ponte, ed il suo controllo ha rappresentato fattore risolutivo di molti eventi storici. Diverse lapidi poste sulla piazza e sul ponte restano a testimonianza degli eventi storici qui avvenuti e l’importanza strategica del ponte stesso.

Un tempo ricco di acque, il fiume Sarno era percorso da “scafae” (tipiche imbarcazioni locali) e da cui prende il nome la città di Scafati. Con queste imbarcazioni i viandanti erano trasbordati da una sponda all`altra del fiume, dal letto fangoso, prima della costruzione del ponte.

PALAZZO MEYER E VILLA COMUNALE

Attraversato il Ponte, il Palazzo Meyer e l’adiacente Villa Comunale che si affacciano sul fiume

Il parco civico Meyer-Wenner nacque dall’acquisizione di terreni agricoli effettuata nella metà dell’Ottocento dal maestro tintore Giovanni Giacomo Meyer, per impiantarvi una tintoria di “rosso di Adrianopoli” che si ricavava dalle radici della robbia, presenti in abbondanza nelle acque del fiume Sarno. La parte più vicina all’impianto industriale fu utilizzata come ampliamento dello stenditoio all’aria aperta, dove si asciugavano filati e tessuti sottoposti a sbiancamento e coloritura. L’azienda si espanse notevolmente negli anni e, con Roberto Wenner, fu acquisito tutto lo spazio disponibile ai confini del parco. Diverse centinaia di essenze arboree, arbustive ed erbacee furono messe a dimora, e due grandi serre furono costruite per coltivare piante esotiche.

Alla  morte di Wenner,  nel 1919, il parco ed il palazzo Meyer furono ereditati dai figli, e nel 1933 furono  acquisiti dal Comune di Scafati: il palazzo divenne sede comunale ed il parco fu reso pubblico.

Purtroppo nel corso degli anni sono andate perse importanti preesistenze storiche come il Casino nobile, il Giardino d’inverno ed il bellissimo edificio della vecchia   fabbrica dei Meyer, demolito dopo il terremoto del 1980.

La passeggiata nella loro villa divenne per gli Scafatesi un rito settimanale, dedicato alle camminate fra aiuole e bordure ricche di colori in ogni stagione, prati perfettamente tenuti, alberi curati con scrupolosa attenzione, serre attive nella produzione di tutte le varietà di fiori ed essenze.

Cappella della Croce Santa

La Cappella della Croce Santa, modesta chiesa sorta probabilmente su una cappella più antica, che nel nome della croce ricorda il sito di un incrocio, presso la quale in passato son state ritrovate tombe. Attualmente la troviamo nella stradina di fronte a Palazzo meyer. La sua struttura, probabilmente settecentesca, comprende una copertura a tetti a due ali, pavimento di astraco e un altare per la celebrazione delle messe, all’interno vi sono la Croce Santa e la statua dell’addolorata

ABBAZIA DI REALVALLE

Di rilevante importanza storica l’Abbazia cistercense di Santa Maria di Realvalle che nacque nel 1274 per volontà di Carlo d’Angiò a commemorazione della vittoria decisiva, con l’appoggio papale, nella battaglia di Campo San Marco presso Benevento (1266) su Manfredi e quindi sul dominio svevo nel regno delle Due Sicilie. L’abbazia, ricchissima di dotazioni regie, prosperò fin quando regnarono a Napoli gli Angioini; ma già prima che subentrassero gli Aragonesi era iniziata un’irresistibile decadenza, aggravata dal grande terremoto che nel 1456 ne distrusse in gran parte le strutture. Essa riuscì tuttavia a sopravvivere fino alla soppressione degli ordini religiosi benedettini e loro derivazioni, ordinata da Gioacchino Murat nel 1808, con l’incameramento da parte dello Stato dei loro beni e la successiva vendita. Alla fine dello stesso secolo, a seguito di un lascito, il complesso pervenne alle Suore Francescane Alcantarine. L’impianto della fabbrica rispecchia fedelmente la tipologia funzionale e strutturale delle Abbazie Cistercensi anche se interventi di ricostruzione, nel tempo, ne hanno modificato parzialmente l’assetto. Ancora visibili resti della Chiesa Gotica completamente crollata a seguito di eventi sismici.

Convivono a Realvalle testimonianze di fede che spaziano sull’arco di oltre sette secoli, e memorie architettoniche che vanno dal gotico francese, attraverso il barocco, fino all’Ottocento e ai giorni nostri con La Nuova Cappella di Santa Maria di Realvalle dello scultore / pittore Angelo Casciello.

Polverificio Borbonico

Il Real Polverificio Borbonico rappresenta oggi un sito culturalmente rilevante che porta in sé delle potenzialità di impiego davvero uniche.

Si tratta di un’area pressoché rettangolare tra due canali d’acqua e su cui insistono numerosi edifici di diverse epoche inserite all’interno di un’area verde, che ne costituisce il parco, caratterizzata da uno spettacolare viale di rigogliosi platani e verdeggianti tratti secondari. Edificato da Ferdinando II di Borbone, penultimo re di Napoli, a partire dal 1851, sostituì la Real Fabbrica di Polveri e Nitri di Torre Annunziata nella produzione di polvere da sparo, grazie anche alla posizione favorevole, prossima al Canale Conte di Sarno e ad un suo derivato il Canale Bottaro, e al contempo abbastanza lontano dal centro di Scafati da evitare pericoli per la popolazione in caso di incidenti esplosivi. A partire dal 1894 fu destinato alla produzione di tabacchi ed ebbe una lunga vita edilizia fino al 1980, quando tutta la struttura fu abbandonata a seguito dei danni del terremoto. All’interno del complesso è possibile distinguere diversi edifici di rilievo storico e monumentale, databili tra il 1852 e il 1880 e circondati dall’antico muro di cinta; tra essi il corpo principale nel lato occidentale, a carattere amministrativo,  l’adiacente Cappella di Santa Barbara, l’ingresso monumentale all’area esplosiva di cui si conserva il cancello originario in ghisa e i padiglioni del laboratorio chimico e delle officine del Polverificio.

Santuario della Madonna dei Bagni

Il santuario della Madonna dei Bagni, intitolato a “Maria Santissima Incoronata” è ubicato nella contrada omonima al confine sud della città. Il santuario si trovava precedentemente nel comune di Angri e passò a Scafati nel 1928 come compensazione per il territorio ceduto per l’istituzione di Pompei come comune autonomo.

La devozione alla Madonna dei Bagni è molto radicata e si origina da molteplici guarigioni di malattie cutanee avvenute col bagno in una fonte. Secondo la leggenda ogni anno la notte prima della festa un angelo scende a benedirla e per accoglierlo la fonte viene ornata di fiori.

Vicino alla fonte, ritenuta miracolosa, venne costruita una cappella votiva sostituita in seguito da una chiesa.

L’attuale Tempio è costruito in stile tardo barocco ed è andato a sostituire una più antica chiesa che ivi sorgeva, la facciata imponente e maestosa si mostra in tutta la sua eleganza e tre ampie fornici danno ingresso al pronao. L’ampio interno a tre navate, riccamente decorato con lesine e capitelli classicheggianti manifestano una ricerca del bello non comune ad altri luoghi di culto. Il presbiterio di assoluta bellezza è interamente ricoperto in mosaici di marmo del settecento, così come l’altare maggiore di chiara fattura napoletana. Al centro si staglia la pala d’altare datata 1639 che rappresenta la Madonna dei Bagni e il Miracolo della Fonte, mentre ai lati due tele di notevoli dimensioni raccontano la nascita della Vergine e la presentazione al tempio della Stessa, entrambe opera di Giovan Battista Lama del 1723. Sono presenti affreschi di straordinaria fattura, opera di artisti come Gaetano D’Agostino e Salvatore Postiglione. La Cupola è stata interamente affrescata nel 2008 dall’artista Giancarlo Pignataro che illustra il miracolo della Fonte ed esalta la figura della Madonna. Negli intradossi dei quattro archi che reggono la cupola sono dipinte figure di Profeti. Nei pennacchi invece sono dipinte figure allegoriche di virtù.

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